Genitore: Un Dono, Non Un MestiereCampione

Regole, rispetto e responsabilità
Educare un figlio non significa solo coccole, giochi e abbracci. Prima o poi arriva il momento in cui bisogna anche dire “no”, porre dei limiti, fare capire che ci sono cose che si fanno e altre no. Ed è lì che si entra nel territorio spinoso delle regole. Ma c’è una buona notizia: le regole non rovinano i bambini. Le regole li proteggono.
Immagina un giardino: curato, ordinato, pieno di fiori. Poi immagina di togliere il recinto. In poco tempo, animali, passanti, vento e intemperie lo distruggerebbero. Il cuore di un bambino è proprio come quel giardino: fragile, bello, ma vulnerabile. Le regole sono il recinto che lo protegge, che dà forma, che custodisce. Non servono per opprimere, ma per dare sicurezza. Gesù stesso rivela che l'obbedienza genera amore: "Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore" (Giovanni 15.10 - NR06).
Ogni bambino ha bisogno di sapere fino a dove può arrivare. Non perché sia cattivo, ma perché sta imparando. Se trova davanti a sé un adulto coerente, capace di dire “no” con amore, scoprirà una sicurezza che va oltre l’obbedienza: saprà di potere contare su qualcuno che veglia su di lui. Crescerà sereno se sa che c’è qualcuno che veglia su di lui, anche quando non è d’accordo.
Poi c’è il rispetto. Troppo spesso si dimentica che non si può pretendere rispetto se prima non lo si dà. Un bambino rispettato nei suoi tempi, nei suoi errori, nei suoi stati d’animo, sarà un adulto capace di trattare gli altri con la stessa dignità. Umiliarlo, etichettarlo o deriderlo lascia segni profondi. Anche quando si corregge, il rispetto è fondamentale: si corregge per aiutare a crescere, non per sfogarsi o per dimostrare chi ha ragione. Non si corregge per sfogarsi, si corregge per formare.
Infine, la responsabilità. Una parola grande, che si insegna con piccoli gesti quotidiani: mettere in ordine i giochi, rispettare un orario, chiedere scusa. Insegnare a un figlio che ogni azione ha una conseguenza non vuole dire farlo sentire in colpa, ma renderlo libero; perché la vera libertà nasce proprio dalla consapevolezza delle proprie scelte.
Essere genitori significa custodire un valore prezioso che ci è stato affidato da Dio. Per farlo servono tre strumenti semplici ma essenziali: regole chiare, rispetto profondo e responsabilità condivisa. Non sono gabbie. Sono ali. Perché un giorno tuo figlio volerà via. E volerà meglio se avrà imparato a camminare dentro confini sani, amato per quello che è, guidato da una mano sicura e da un cuore aperto.
Scrittura
Riguardo questo Piano

Antonio Amico ci prende per mano ed invita a riscoprire la genitorialità non come un insieme di compiti da svolgere, ma come un dono prezioso da accogliere con gratitudine. Crescere un figlio non è un dovere, ma un viaggio d’amore condiviso, dove non siamo soli, perché Dio ci affianca e sostiene passo dopo passo. Essere genitori, quindi, non è un mestiere, ma un miracolo quotidiano da vivere nella fiducia, nella presenza e nella pazienza, con la certezza che, mentre accompagniamo la crescita di chi amiamo, anche noi cresciamo, guidati dalla presenza di Dio, che non ci lascia mai soli.
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Vorremmo ringraziare Antonio Amico per aver fornito questo piano. Per ulteriori informazioni, visitare: www.edizionilafionda.it
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