Il giardino di Dio e il seme che cresce

Essere genitori è un po’ come fare i giardinieri... anche se spesso finiamo più sporchi noi che le nostre piante. Ma l’immagine resta potente: ci è stato affidato un piccolo seme, un bambino, non solo perché sopravviva, ma che possa sbocciare.

Dentro ogni figlio c’è un progetto unico, una meraviglia già scritta, diversa da noi e da come lo immagineremmo. Il nostro compito non è riscriverne il destino, ma accompagnarlo affinché possa esprimere tutto il suo potenziale. Come? Con tre ingredienti essenziali: nutrimento, calore e protezione.

Nutrimento non significa solo cibo o vitamine, ma tutto ciò che nutre la mente, il cuore, l’anima. Calore è amore vissuto: abbracci, ascolto, tempo condiviso. Protezione non vuole dire vivere al suo posto, ma tracciare confini, dire qualche no e qualche sì al momento giusto, creando uno spazio sicuro dove possa crescere.

Dio non ci ha chiesto di costruire un figlio a nostra immagine. Ce lo ha affidato con una chiamata precisa: custodiscilo. Qui sta la vera sfida, perché la tentazione di “aggiustare il progetto” è sempre dietro l’angolo. Ma ogni seme ha il suo codice, una forza segreta che lo spinge a fiorire.

La famiglia è il giardino dove questo seme è stato piantato. Non è un luogo perfetto: niente irrigazione automatica, a volte ci sono sassi sul cammino, stanchezza, giornate no, imprevisti. Eppure, è il terreno giusto, se lo coltiviamo con amore. Non serve essere esperti: bastano cuore, preghiera, sguardo attento e la fiducia che ogni gesto, anche il più piccolo, porterà frutto al momento opportuno.

Con la giusta cura, un bambino può diventare qualcosa di più grande di quanto possiamo ora immaginare. E non siamo soli in tutto questo: Dio cammina con noi in questo giardino. Non osserva da lontano. È presente, guida, parla, provvede. Educare, allora, non è un mestiere tecnico. È un’arte fatta di pazienza, fiducia in Dio... e di qualche innaffiata quotidiana.