Oltre Le MuraCampione

Giorno 2 – Il muro dell’indifferenza

Ci sono momenti in cui non è il dolore fisico a far male, ma l’assenza di ciò che un tempo si sentiva. È come quando si entra in una stanza dove c’era sempre un profumo, e all’improvviso quel profumo non c’è più. Non c’è rumore, tutto tace. Solo un vuoto silenzioso. Un cuore che un tempo vibrava alla presenza di Dio, e che ora non percepisce più quella dolcezza come prima. È un dolore invisibile, che però pesa.

Ed è proprio in questo lento raffreddamento che si alza un muro nel nostro cuore. Una pietra dopo l’altra: una delusione, una speranza mancata, poi una preghiera che sembra non trovare risposta. È così che quel cuore si indurisce. Gesù lo disse chiaramente: “L’amore di molti si raffredderà” (Matteo 24:12). Non è una frase sul dolore, è una frase sull’indurimento. L’indifferenza non nasce per improvvisa cattiveria, ma per stanchezza.

E Pietro, nella notte di Atti 12, avrebbe potuto cedere esattamente lì.

C’era il dolore profondo per la morte di Giacomo. Quel colpo avrebbe potuto frantumare la speranza. C’era la persecuzione: un clima di paura, di ostilità, di ingiustizia. C’era l’isolamento: nessuna voce amica, nessuna consolazione. C’erano le catene: simbolo di impotenza, di blocco, di limite estremo. C’era la notte: buia, lunga, pesante.

Quella era la condizione perfetta perché l’indifferenza prendesse il sopravvento.

Pietro dormiva, sì. Era umano. Era stanco. Ma non era freddo dentro.

Perché, nonostante tutto, il suo cuore rimase pronto. Non si spense. Non si indurì. Non lo fece diventare cinico. In quella notte, nella condizione perfetta per la resa, lui mantenne ancora un “sì” interiore verso Dio. Non un sentimento esplosivo, ma una disponibilità.

Lo si vede da come risponde.

Quando l’angelo del Signore appare nella cella, una luce splende tra le mura fredde, l’angelo lo tocca e dice: “Alzati presto!” (Atti 12:7). Pietro si alza. Obbedisce. Si rimette in piedi. Senza capire tutto, senza avere prove, senza avere garanzie… risponde.

Quella risposta mostra che il suo cuore non era diventato indifferente. Perché l’indifferenza è immobilità. Pietro invece si muove. E in quel muoversi, il cielo entra. Le catene cadono. Le porte si aprono. L’oscuro non è più l’ultima parola.

Oltre il muro dell’indifferenza, c’è molto di più.

C’è la libertà. C’è la tenerezza di Dio che raggiunge perfino la notte. C’è la possibilità di sentirsi vivi ancora.

La lode nasce proprio da qui: dal cuore che, pur non sentendo come un tempo, sceglie di essere ancora disponibile. La lode non è solo canto. È un atteggiamento del cuore che rifiuta di farsi congelare. È un atto che dichiara: “Non mi chiudo. Non mi arrendo. Non rinuncio a credere.”

E quando un cuore sceglie questo, il muro dell’indifferenza si incrina. Oltre quel muro c’è più luce di quanto si possa immaginare. C’è il Dio che libera, proprio come nella cella di Pietro. C’è una speranza che non indurisce ma riscalda. C’è vita che ritorna, dolce, silenziosa e vera.

“Gesù, quando il mio cuore si addormenta e non sente più, scuotimi dolcemente come facesti con Pietro. Ravviva in me la passione, risveglia la mia fede e fammi vedere la Tua luce anche nelle notti più fredde, voglio lodare e ringraziare te nonostante tutto”.

Non lasciare che la stanchezza diventi distanza. Anche quando tutto sembra fermo, la lode può ancora muovere il cielo.

Ti aspetto domani, scavalcheremo il muro dell’apatia e andremo oltre…