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Atti degli Apostoli 28:1-14

Atti degli Apostoli 28:1-14 Nuova Riveduta 2006 (NR06)

Dopo essere scampati, riconoscemmo che l’isola si chiamava Malta. Gli indigeni usarono verso di noi bontà non comune; infatti ci accolsero tutti intorno a un grande fuoco acceso a motivo della pioggia che cadeva e del freddo. Mentre Paolo raccoglieva un fascio di rami secchi e li poneva sul fuoco, ne uscì fuori una vipera, risvegliata dal calore, e gli si attaccò alla mano. Quando gli indigeni videro la bestia che gli pendeva dalla mano, dissero tra di loro: «Certamente quest’uomo è un omicida perché, pur essendo scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere». Ma Paolo, scossa la bestia nel fuoco, non ne patì alcun male. Ora essi si aspettavano di vederlo gonfiare o cadere morto sul colpo; ma dopo aver lungamente aspettato, vedendo che non gli avveniva alcun male, cambiarono parere e cominciarono a dire che egli era un dio. Nei dintorni di quel luogo vi erano dei poderi dell’uomo principale dell’isola, chiamato Publio, il quale ci accolse amichevolmente e ci ospitò per tre giorni. Il padre di Publio era a letto colpito da febbre e da dissenteria. Paolo andò a trovarlo; e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarì. Avvenuto questo, anche gli altri che avevano delle infermità nell’isola vennero e furono guariti; questi ci fecero grandi onori; e, quando salpammo, ci rifornirono di tutto il necessario. Tre mesi dopo ci imbarcammo su una nave alessandrina, recante l’insegna di Castore e Polluce, la quale aveva svernato nell’isola. Approdati a Siracusa, vi restammo tre giorni. Di là, costeggiando, arrivammo a Reggio. Il giorno seguente si levò un vento di scirocco, e in due giorni giungemmo a Pozzuoli. Qui trovammo dei fratelli, e fummo pregati di rimanere presso di loro sette giorni. E dunque giungemmo a Roma.

Atti degli Apostoli 28:1-14 Nuova Riveduta 1994 (NR94)

Dopo essere scampati, riconoscemmo che l'isola si chiamava Malta. Gli indigeni usarono verso di noi bontà non comune; infatti, ci accolsero tutti intorno a un gran fuoco acceso a motivo della pioggia che cadeva e del freddo. Mentre *Paolo raccoglieva un fascio di rami secchi e li poneva sul fuoco, ne uscí fuori una vipera, risvegliata dal calore, e gli si attaccò alla mano. Quando gli indigeni videro la bestia che gli pendeva dalla mano, dissero tra di loro: «Certamente, quest'uomo è un omicida perché, pur essendo scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere». Ma Paolo, scossa la bestia nel fuoco, non ne patí alcun male. Or essi si aspettavano di vederlo gonfiare o cadere morto sul colpo; ma dopo aver lungamente aspettato, vedendo che non gli avveniva nessun male, cambiarono parere, e cominciarono a dire che egli era un dio. Nei dintorni di quel luogo vi erano dei poderi dell'uomo principale dell'isola, chiamato Publio, il quale ci accolse amichevolmente e ci ospitò per tre giorni. Il padre di Publio era a letto colpito da febbre e da dissenteria. Paolo andò a trovarlo; e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarí. Avvenuto questo, anche gli altri che avevano delle infermità nell'isola, vennero, e furono guariti; questi ci fecero grandi onori; e, quando salpammo, ci rifornirono di tutto il necessario. Tre mesi dopo, ci imbarcammo su una nave alessandrina, recante l'insegna di Castore e Polluce, la quale aveva svernato nell'isola. Approdati a Siracusa, vi restammo tre giorni. Di là, costeggiando, arrivammo a Reggio. Il giorno seguente si levò un vento di scirocco, e in due giorni giungemmo a Pozzuoli. Qui trovammo dei fratelli, e fummo pregati di rimanere presso di loro sette giorni. E dunque giungemmo a Roma.

Atti degli Apostoli 28:1-14 Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (ICL00D)

Dopo essere scampati al pericolo, venimmo a sapere che quell’isola si chiamava Malta. I suoi abitanti ci trattarono con gentilezza: siccome si era messo a piovere e faceva freddo, essi ci radunarono tutti intorno a un gran fuoco che avevano acceso. Anche Paolo raccolse un fascio di rami per gettarlo nel fuoco; ma ecco che una vipera, a causa del calore, saltò fuori e si attaccò alla sua mano. La gente del luogo, come vide la vipera che pendeva dalla mano di Paolo, diceva fra sé: «Certamente questo uomo è un assassino: infatti si è salvato dal mare, ma ora la giustizia di Dio non lo lascia più vivere». Ma Paolo, con un colpo, gettò la vipera nel fuoco e non ne ebbe alcun male. La gente invece si aspettava che la mano di Paolo si gonfiasse, oppure che Paolo cadesse a terra morto sul colpo. Aspettarono un bel po’, ma alla fine dovettero costatare che Paolo non aveva alcun male. Allora cambiarono parere e dicevano: «Questo uomo è un dio». Vicino a quel luogo, aveva i suoi possedimenti il governatore dell'isola, un certo Publio. Egli ci accolse e ci ospitò per tre giorni con grande cortesia. Un giorno il padre di Publio si ammalò di dissenteria ed era a letto con febbre alta. Paolo andò a visitarlo: pregò, stese le mani su lui e lo guarì. Dopo questo fatto, anche gli altri abitanti dell'isola che erano ammalati, vennero da Paolo e furono guariti. I maltesi perciò ci trattarono con grandi onori, e al momento della nostra partenza ci diedero tutto quello che era necessario per il viaggio. Dopo tre mesi ci imbarcammo su una nave della città di Alessandria che aveva passato l’inverno in quell’isola. La nave si chiamava «I Diòscuri». Arrivammo a Siracusa e qui rimanemmo tre giorni. Poi, navigando lungo la costa, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò il vento del sud e così in due giorni potemmo arrivare a Pozzuoli. Qui trovammo alcuni cristiani che ci invitarono a restare una settimana con loro. Infine partimmo per Roma.

Atti degli Apostoli 28:1-14 Diodati Bibbia 1885 (DB1885)

E, DOPO che furono scampati, allora conobbero che l'isola si chiamava Malta. E i Barbari usarono inverso noi non volgare umanità; perciocchè, acceso un gran fuoco, ci accolsero tutti, per la pioggia che faceva, e per lo freddo. Or Paolo, avendo adunata una quantità di sermenti, e postala in sul fuoco, una vipera uscì fuori per lo caldo, e gli si avventò alla mano. E, quando i Barbari videro la bestia che gli pendeva dalla mano, dissero gli uni agli altri: Quest'uomo del tutto è micidiale, poichè essendo scampato dal mare, pur la vendetta divina non lo lascia vivere. Ma Paolo, scossa la bestia nel fuoco, non ne sofferse male alcuno. Or essi aspettavano ch'egli enfierebbe, o caderebbe di subito morto; ma, poichè ebbero lungamente aspettato, ed ebber veduto che non gliene avveniva alcuno inconveniente, mutarono parere, e dissero ch'egli era un dio. Or il principale dell'isola, chiamato per nome Publio, avea le sue possessioni in que' contorni; ed esso ci accolse, e ci albergò tre giorni amichevolmente. E s'imbattè che il padre di Publio giacea in letto, malato di febbre, e di dissenteria; e Paolo andò a trovarlo; ed avendo fatta l'orazione, ed impostegli le mani, lo guarì. Essendo adunque avvenuto questo, ancora gli altri che aveano delle infermità nell'isola venivano, ed eran guariti. I quali ancora ci fecero grandi onori; e, quando ci partimmo, ci fornirono delle cose necessarie. E, TRE mesi appresso, noi ci partimmo sopra una nave Alessandrina, che avea per insegna Castore e Polluce, la quale era vernata nell'isola. Ed arrivati a Siracusa, vi dimorammo tre giorni. E di là girammo, ed arrivammo a Reggio. Ed un giorno appresso, levatosi l'Austro, in due giorni arrivammo a Pozzuoli. Ed avendo quivi trovati de' fratelli, fummo pregati di dimorare presso a loro sette giorni. E così venimmo a Roma.