Atti degli Apostoli 25:1-22
Atti degli Apostoli 25:1-22 Nuova Riveduta 2006 (NR06)
Festo, dunque, giunse nella provincia, e tre giorni dopo salì da Cesarea a Gerusalemme. I capi dei sacerdoti e i notabili dei Giudei gli presentarono le loro accuse contro Paolo; e con intenzioni ostili lo pregavano, chiedendo come un favore, che lo facesse venire a Gerusalemme. Essi intanto avrebbero preparato un’imboscata per ucciderlo durante il viaggio. Ma Festo rispose che Paolo era custodito a Cesarea e che egli stesso doveva partire presto. «Quelli dunque che hanno autorità tra di voi», disse egli, «scendano con me, e se vi è in quest’uomo qualche colpa, lo accusino». Rimasto tra di loro non più di otto o dieci giorni, Festo discese a Cesarea; e il giorno dopo, sedendo in tribunale, ordinò che Paolo gli fosse condotto davanti. Quando egli giunse, i Giudei che erano scesi da Gerusalemme lo circondarono, portando contro di lui numerose e gravi accuse, che non potevano provare; mentre Paolo diceva a sua difesa: «Io non ho peccato né contro la legge dei Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare». Ma Festo, volendo fare cosa gradita ai Giudei, disse a Paolo: «Vuoi salire a Gerusalemme ed essere giudicato in mia presenza intorno a queste cose?» Ma Paolo rispose: «Io sto qui davanti al tribunale di Cesare, dove debbo essere giudicato; non ho fatto nessun torto ai Giudei, come anche tu sai molto bene. Se dunque sono colpevole e ho commesso qualcosa da meritare la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle cose delle quali costoro mi accusano non c’è nulla di vero, nessuno mi può consegnare nelle loro mani. Io mi appello a Cesare». Allora Festo, dopo aver conferito con il Consiglio, rispose: «Tu ti sei appellato a Cesare; a Cesare andrai». Dopo diversi giorni il re Agrippa e Berenice arrivarono a Cesarea, per salutare Festo. E poiché si trattennero là per molti giorni, Festo raccontò al re il caso di Paolo, dicendo: «Vi è un uomo che è stato lasciato in carcere da Felice, contro il quale, quando mi recai a Gerusalemme, i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei sporsero denuncia, chiedendomi di condannarlo. Risposi loro che non è abitudine dei Romani consegnare un accusato prima che abbia avuto gli accusatori di fronte e gli sia stato dato modo di difendersi dall’accusa. Quando dunque furono venuti qua, senza indugio, il giorno seguente, sedetti in tribunale e ordinai che quell’uomo mi fosse condotto davanti. I suoi accusatori si presentarono, ma non gli imputavano nessuna delle cattive azioni che io supponevo. Essi avevano contro di lui certe questioni intorno alla propria religione e intorno a un certo Gesù, morto, che Paolo affermava essere vivo. E io, non conoscendo la procedura per questi casi, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme e là essere giudicato intorno a queste cose. Ma siccome Paolo aveva interposto appello per essere rimesso al giudizio dell’imperatore, ordinai che fosse custodito finché non l’avessi inviato a Cesare». Agrippa disse a Festo: «Vorrei anch’io ascoltare quest’uomo». Ed egli rispose: «Domani lo ascolterai».
Atti degli Apostoli 25:1-22 Nuova Riveduta 1994 (NR94)
*Festo, dunque, giunse nella sua provincia, e tre giorni dopo salí da *Cesarea a *Gerusalemme. I capi dei *sacerdoti e i notabili dei Giudei gli presentarono le loro accuse contro *Paolo; e con intenzioni ostili, lo pregavano, chiedendo come un favore, che lo facesse venire a Gerusalemme. Essi intanto avrebbero preparato un'imboscata per ucciderlo durante il viaggio. Ma Festo rispose che Paolo era custodito a Cesarea, e che egli stesso doveva partir presto. «Quelli dunque che hanno autorità tra di voi», disse egli, «scendano con me e se vi è in quest'uomo qualche colpa, lo accusino». Rimasto tra di loro non piú di otto o dieci giorni, Festo discese a Cesarea; e il giorno dopo, sedendo in tribunale, ordinò che Paolo gli fosse condotto davanti. Quand'egli giunse, i Giudei che erano scesi da Gerusalemme lo circondarono, portando contro di lui numerose e gravi accuse, che non potevano provare; mentre Paolo diceva a sua difesa: «Io non ho peccato né contro la legge dei Giudei, né contro il *tempio, né contro *Cesare». Ma Festo, volendo far cosa gradita ai Giudei, disse a Paolo: «Vuoi salire a Gerusalemme ed essere giudicato in mia presenza intorno a queste cose?» Ma Paolo rispose: «Io sto qui davanti al tribunale di Cesare, dove debbo essere giudicato; non ho fatto nessun torto ai Giudei, come anche tu sai molto bene. Se dunque sono colpevole e ho commesso qualcosa da meritare la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle cose delle quali costoro mi accusano non c'è nulla di vero, nessuno mi può consegnare nelle loro mani. Io mi appello a Cesare». Allora Festo, dopo aver conferito con il Consiglio, rispose: «Tu ti sei appellato a Cesare; a Cesare andrai». Dopo diversi giorni il re *Agrippa e Berenice arrivarono a Cesarea, per salutare Festo. E poiché si trattennero là per molti giorni, Festo raccontò al re il caso di Paolo, dicendo: «Vi è un uomo che è stato lasciato in carcere da *Felice, contro il quale, quando mi recai a Gerusalemme, i capi dei sacerdoti e gli *anziani dei Giudei sporsero denuncia, chiedendomi di condannarlo. Risposi loro che non è abitudine dei Romani consegnare un accusato, prima che abbia avuto gli accusatori di fronte e gli sia stato dato modo di difendersi dall'accusa. Quando dunque furono venuti qua, senza indugio, il giorno seguente, sedetti in tribunale e ordinai che quell'uomo mi fosse condotto davanti. I suoi accusatori si presentarono, ma non gli imputavano nessuna delle cattive azioni che io supponevo. Essi avevano contro di lui certe questioni intorno alla propria religione e intorno a un certo Gesú, morto, che Paolo affermava essere vivo. E io, non conoscendo la procedura per questi casi, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme, e là essere giudicato intorno a queste cose. Ma siccome Paolo aveva interposto appello per essere rimesso al giudizio dell'imperatore, ordinai che fosse custodito, finché non l'avessi inviato a Cesare». Agrippa disse a Festo: «Vorrei anch'io ascoltare quest'uomo». Ed egli rispose: «Domani lo ascolterai».
Atti degli Apostoli 25:1-22 Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (ICL00D)
Il governatore Festo, dunque, arrivò nella sua provincia e dopo tre giorni salì dalla città di Cesarèa a Gerusalemme. Subito vennero da lui i capi dei *sacerdoti e i capi degli Ebrei e presentarono le loro accuse contro Paolo. Con molta insistenza, per l’odio che avevano contro Paolo, chiesero a Festo il favore di farlo condurre a Gerusalemme. Stavano infatti preparando un tranello per ammazzarlo durante il viaggio. Ma Festo rispose: «Paolo deve restare in prigione a Cesarèa. Anch’io vi tornerò presto. Quelli tra voi che hanno autorità vengano con me a Cesarèa, e se quest’uomo è colpevole di qualche cosa, là lo potranno accusare». Festo rimase a Gerusalemme ancora otto o dieci giorni, poi ritornò a Cesarèa. Il giorno dopo aprì il processo e fece portare Paolo in tribunale. Appena arrivò, gli Ebrei venuti da Gerusalemme lo circondarono e lanciarono contro di lui molte gravi accuse. Essi però non erano capaci di provarle. Paolo allora parlò in sua difesa e disse: — Io non ho fatto niente di male: né contro la *Legge degli Ebrei, né contro il *Tempio e neppure contro l’imperatore romano. Festo però voleva fare un favore agli Ebrei; perciò domandò a Paolo: — Accetti di andare a Gerusalemme? Il processo per queste accuse potrebbe essere fatto là, davanti a me. Ma Paolo rispose: — Mi trovo davanti al tribunale dell'imperatore: qui devo essere processato. Io non ho fatto nessun torto agli Ebrei e tu lo sai molto bene. Se dunque sono colpevole e ho fatto qualcosa che merita la morte, io non rifiuto di morire. Ma se non c’è niente di vero nelle accuse che questa gente lancia contro di me, nessuno ha potere di consegnarmi a loro. Io faccio ricorso all’imperatore. Allora Festo si consultò con i suoi consiglieri. Poi decise: — Tu hai fatto ricorso all’imperatore e dall’imperatore andrai. Alcuni giorni dopo il re Agrippa e sua sorella Berenìce arrivarono a Cesarèa per salutare Festo. Siccome si fermarono parecchi giorni, Festo raccontò al re il caso di Paolo. Gli disse: «Il governatore Felice mi ha lasciato qui un prigioniero. Quando io mi trovavo a Gerusalemme vennero da me i capi dei *sacerdoti e i capi degli Ebrei per accusarlo e mi domandarono di condannarlo. Risposi loro che i Romani non hanno l’abitudine di condannare un uomo prima che egli abbia la possibilità di difendersi davanti ai suoi accusatori. I capi dei sacerdoti e i capi degli Ebrei vennero dunque qui da me, e io, senza perder tempo, il giorno dopo cominciai il processo e vi feci condurre anche Paolo. Quelli che lo accusavano si misero attorno a lui, e io pensavo che lo avrebbero accusato di alcuni delitti. Invece no: si trattava solo di questioni che riguardano la loro religione e un certo Gesù, che è morto, mentre Paolo sosteneva che è ancora vivo. Di fronte a un caso come questo io non sapevo che decisione prendere; perciò domandai a Paolo se accettava di andare a Gerusalemme e di essere processato in quella città. Ma Paolo fece ricorso e volle che la sua causa fosse riservata all’imperatore. Allora ho comandato di tenerlo in prigione fino a quando non potrò mandarlo all’imperatore». A questo punto il re Agrippa disse al governatore Festo: — Avrei piacere anch’io di ascoltare quest’uomo! E Festo gli rispose: — Domani lo potrai ascoltare.
Atti degli Apostoli 25:1-22 Diodati Bibbia 1885 (DB1885)
Festo adunque, essendo entrato nella provincia, tre giorni appresso salì di Cesarea in Gerusalemme. E il sommo sacerdote, ed i principali de' Giudei, comparvero dinanzi a lui, contro a Paolo. E lo pregavano, chiedendo una grazia contro a lui, che egli lo facesse venire in Gerusalemme, ponendo insidie, per ucciderlo per lo cammino. Ma Festo rispose, che Paolo era guardato in Cesarea; e che egli tosto vi andrebbe. Quegli adunque di voi, disse egli, che potranno, scendano meco; e se vi è in quest'uomo alcun misfatto, accusinlo. Ed essendo dimorato appresso di loro non più di otto o di dieci giorni discese in Cesarea; e il giorno seguente, postosi a sedere in sul tribunale, comandò che Paolo gli fosse menato davanti. E, quando egli fu giunto, i Giudei che erano discesi di Gerusalemme, gli furono d'intorno, portando contro a Paolo molte e gravi accuse, le quali però essi non potevano provare. Dicendo lui a sua difesa: Io non ho peccato nè contro alla legge de' Giudei, nè contro al tempio, nè contro a Cesare. Ma Festo, volendo far cosa grata ai Giudei, rispose a Paolo, e disse: Vuoi tu salire in Gerusalemme, ed ivi esser giudicato davanti a me intorno a queste cose? Ma Paolo disse: Io comparisco davanti al tribunal di Cesare, ove mi conviene esser giudicato; io non ho fatto torto alcuno a' Giudei, come tu stesso lo riconosci molto bene. Perciocchè se pure ho misfatto, o commessa cosa alcuna degna di morte, non ricuso di morire; ma, se non è nulla di quelle cose, delle quali costoro mi accusano, niuno può donarmi loro nelle mani; io mi richiamo a Cesare. Allora Festo, tenuto parlamento col consiglio, rispose: Tu ti sei richiamato a Cesare? a Cesare andrai. E DOPO alquanti giorni, il re Agrippa, e Bernice, arrivarono in Cesarea, per salutar Festo. E, facendo quivi dimora per molti giorni, Festo raccontò al re l'affare di Paolo, dicendo: Un certo uomo è stato lasciato prigione da Felice. Per lo quale, quando io fui in Gerusalemme, comparvero davanti a me i principali sacerdoti, e gli anziani de' Giudei, chiedendo sentenza di condannazione contro a lui. A' quali risposi che non è l'usanza de' Romani di donare alcuno, per farlo morire, avanti che l'accusato abbia gli accusatori in faccia e gli sia stato dato luogo di purgarsi dell'accusa. Essendo eglino adunque venuti qua, io, senza indugio, il giorno seguente, sedendo in sul tribunale, comandai che quell'uomo mi fosse menato davanti. Contro al quale gli accusatori, essendo compariti, non proposero alcuna accusa delle cose che io sospettava. Ma aveano contro a lui certe quistioni intorno alla lor superstizione, ed intorno ad un certo Gesù morto, il qual Paolo dicea esser vivente. Ora, stando io in dubbio come io procederei nell'inquisizion di questo fatto, gli dissi se voleva andare in Gerusalemme, e quivi esser giudicato intorno a queste cose. Ma, essendosi Paolo richiamato ad Augusto, per esser riserbato al giudicio d'esso, io comandai ch'egli fosse guardato, finchè io lo mandassi a Cesare. Ed Agrippa disse a Festo: Ben vorrei ancor io udir cotest'uomo. Ed egli disse: Domani l'udirai.